LE PITTURE MURALI TRASPIRANTI
Dedichiamo la rubrica tecnica di questo numero ad alcune
considerazioni sulle pitture traspiranti: si tratta di un argomento complesso e
vasto da trattare, ma in relazione al quale è opportuno sviluppare alcune
osservazioni, così da dissipare i dubbi che spesso aleggiano attorno alle
caratteristiche di queste pitture e al modo in cui esse vengono comunemente
intese.
Delineare delle considerazioni su un argomento delicato come quello relativo
alle pitture traspiranti può sembrare
un’impresa difficile da gestire e da portare avanti. E’ necessario però
affrontare l’argomento, cercando di fare chiarezza e di illustrare in modo
oggettivo e scientifico la natura di questi materiali. E’ importante infatti
cercare di isolare le proprietà di questi prodotti, di tratteggiare i punti di
forza ed i limiti, creando poi delle distinzioni nei termini usati per designare queste pitture: è
questa l’unica strada per fare ordine
nella confusione che spesso nasce tra i consumatori, spesso poco informati o
aggiornati sulle caratteristiche e sulle prestazioni di questi prodotti.
Come in molti campi, alcune
parole o espressioni assumono un significato diverso, in relazione alla
categoria professionale o sociale a cui appartengono le persone che utilizzano
tali parole o espressioni.
I tecnici delle vernici, periti o
laureati in chimica, sanno bene che la denominazione “traspirante”, usata sia
come aggettivo o addirittura come sostantivo per qualificare delle idropitture
murali di fascia medio bassa, non consente una identificazione precisa della
pittura stessa. I tecnici infatti preferiscono fare riferimento alla C.P.V.
(concentrazione pigmentaria in volume), ed alla C.P.V.C. (la concentrazione
critica, al di sopra della quale la pittura è completamente slegata, come nel
caso dei cosiddetti “traspiranti” a basso costo). Diverso è invece il
significato che alla definizione “traspirante” viene attribuita non solo dal
consumatore finale, ma anche da una discreta quota di operatori professionali,
siano essi applicatori, verniciatori, o architetti.
La proprietà così denominata
induce inconsciamente a supporre un’azione attiva della pittura nel ricambio
dell’aria e nell’espulsione dell’umidità dall’interno dell’abitazione, senza
che sia necessario aprire porte e finestre. Pertanto, queste proprietà
permetterebbero di risparmiare sul costo del riscaldamento, ed evitare il
rischio di abbassare la temperatura degli ambienti domestici, soprattutto nella
stagione invernale: indubbiamente tali considerazioni non derivano da un
pensare razionale, ma noi sappiamo bene che le motivazioni del comportamento
umano sono sovente originate da impulsi inconsci e non soltanto da ragionamenti
logici.
Nell’immaginario di una fascia di
consumatori la caratteristica di “traspirabilità” conferisce dunque una patente
di nobiltà anche a prodotti che non sono
degni di chiamarsi pitture. Tra i rivenditori di pitture e vernici, la
categoria cioè che essenzialmente ci riguarda , il riconoscimento e il
collocamento dei “traspiranti” è generalmente corretto e simile a quello dei
tecnici. Essi trovano comunque difficoltà a convincere i loro clienti sui
vantaggi e gli svantaggi di questi prodotti.
Certamente occorrerà uno sforzo
comune tra tutti gli esponenti della categoria per informare correttamente i
consumatori ed aiutarli a superare gli errati convincimenti.
Noi proveremo a dare il nostro
piccolo contributo.
Piuttosto che di “traspirabilità”
di un rivestimento murale, è più opportuno parlare di permeabilità di un
rivestimento murale. Un rivestimento può essere permeabile all’acqua liquida,
oppure soltanto ai gas ed al vapore acqueo, ma quando si parla di permeabilità
si devono sempre considerare valori
relativi, nel senso che un rivestimento può essere più o meno permeabile.
Soltanto un vetro o un foglio di polietilene raggiungono valori quasi assoluti
di non permeabilità . Nelle normali pitture acriliche o vinilversatiche i
valori di permeabilità relativa sono positivi in un intervallo che è quello
riscontrato in una buona idropittura lavabile; sono da considerarsi, invece,
negativi quando superano determinati valori, generalmente riscontrabili nelle
pitture “slegate” nobilitate dall’aggettivo “traspirante”. In questo caso si
dovrebbe parlare di pitture “assorbenti dell’acqua liquida”,
caratteristica questa assolutamente
negativa, perché, in caso di condensa, favorisce l’insorgenza delle muffe,
consente che i muri perimetrali si bagnino, e fa abbassare il coefficiente termico.
La speranza è che si riesca in
qualche modo ad impedire che l’aggettivo “traspirante” venga ancora usato per
nobilitare pitture di infima qualità, massicciamente presenti nella GDO.
Attualmente anche le industrie produttrici di buon livello dovrebbero avere
interesse a che ciò avvenga, perché sussiste il rischio di confondere tali
prodotti con le idropitture silossaniche, prodotti dotati di reali proprietà di
resistenza e permeabilità al vapore e di buona impermeabilità all’acqua
liquida, quindi veramente utili dove si possono verificare fenomeni di umidità
di risalita, o occasionali piccole infiltrazioni congiuntamente ad esposizione
alle intemperie.
In riferimento alle pitture
silossaniche, il concetto di traspirabilità
assume un significato logico perché nel
lessico comune esso viene normalmente associato alla caratteristica di
notevole impermeabilità, come avviene per certi tessuti d’abbigliamento o per
certe calzature. La meravigliosa natura dell’acqua, grazie al suo equilibrio
instabile atomico, provoca un tensione
superficiale che limita la sua penetrazione nelle microporosità , penetrazione
che avviene invece agevolmente quando l’acqua si trasforma in vapore.
In una regione a noi confinante,
il Canton Ticino, le idropitture di media qualità, ma non rigorosamente
lavabili, vengono denominate “dispersioni”. Si copiano tante parole ed
espressioni straniere, perché non provare
a copiare anche questa, che pur venendo da oltre frontiera è in pura lingua
italiana?
PARLIAMO DI TRASPIRABILITA’
Alla non traspirabilità delle pitture viene solitamente attribuito un
gran numero di difetti che si riscontrano nelle strutture edilizie, quali ad
esempio il distacco delle pitture stesse dall’intonaco e la presenza di
microrganismi in pareti esterne ed interne.
Da queste convinzioni derivano
richieste particolari, fatte da progettisti ed applicatori ai produttori di
rivestimenti e pitture, anche mediante imposizioni in capitolati d’opera.
Prima di verificare la veridicità
di queste convinzioni e le richieste del mercato che ne derivano, è bene
chiarire alcuni concetti ed il significato di alcuni parametri che determinano
le prestazioni di un prodotto verniciante relativamente alla traspirabilità.
PVC= Concentrazione del pigmento
+ cariche (polveri) in volume sul film secco.
Cioè: se dico che una pittura ha
un PVC = 40, significa che, una volta applicata ed essiccata la pittura, si ha
una pellicola che contiene il 40% in volume di polveri ed il 60% di legante
(resina) con qualche additivo non
volatile. In altre parole, se applico 10 litri di pittura avente un residuo
secco di volume del 50% su una determinata superficie, rimangono 5 litri di pellicola
secca di cui 2 litri (il 40% di 5), di polveri tenuti insieme da 3 litri (il
60% di 5) di resina.
Il PVC dipende dalle percentuali
dei vari componenti in formulazione .
CPVC=PVC critico
Cioè una concentrazione di
polveri sul film secco, tale per cui la resina è appena sufficiente per
rivestire le particelle delle polveri stesse, ma non ne rimane per dare un film
continuo.
Il CPVC di una formulazione
dipende dall’assorbimento d’olio delle polveri e dal potere legante della
resina usata. Per le idropitture formulate con le resine e le polveri del
nostro mercato, il CPVC è compresso normalmente tra 50 e 65. Significa quindi
che, se ho un CPVC di 60 e formulo a 65 di PVC non ho un film continuo, se
formulo a 55 di PVC ho un film continuo.
m=Coefficiente di
resistenza della pittura al passaggio del vapore in rapporto a quello
dell’aria.
Più alto è m più alta è la resistenza della pittura al passaggio del
vapore. Se una pittura ha m=400, significa che un film di pittura ha una resistenza
al passaggio del vapore 400 volte superiore alla resistenza offerta da uno
spessore di aria uguale a quello della pittura applicata. E’ una caratteristica
della pittura, ma da solo non è sufficiente per stabilire se un sistema è o no
traspirante, poiché la pittura può
essere a spessori diversi e lo spessore gioca un ruolo fondamentale nella resistenza al passaggio
del vapore.
Sd= spessore equivalente di aria.
E’ una caratteristica del sistema ed è ottenuto
moltiplicando m
per lo spessore secco della pittura applicata. Si misura in
metri ed è sufficiente per stabilire se un sistema traspira, poiché finalmente abbiamo
introdotto il parametro spessore. Se una pellicola di pittura ha Sd=2m,
significa che la pellicola si oppone al
passaggio del vapore come 2 metri di aria.
Ora, chiariti questi concetti,
possiamo porci una domanda:
QUANDO UNA PELLICOLA DI PITTURA TRASPIRA?
Da quanto detto sopra, si dovrebbe intanto parlare, più
propriamente, di permeabilità al vapore e non di traspirabilità: non esiste
infatti nessuna norma che stabilisce quando un prodotto è traspirante, ma ne
esiste una che afferma che un materiale è completamente impermeabile al vapore
d’acqua quando Sd>1500m: questo valore corrisponde, ad esempio, ad un rivestimento avente m=500000
applicato allo spessore di 3 mm, cioè circa alla permeabilità di un foglio di
politene.
Quindi sarebbe logico affermare
che qualsiasi materiale che oppone meno resistenza al passaggio del vapore di
un foglio di politene è traspirante. Evidentemente non possiamo certo considerare traspirante un simile
rivestimento!
Kunzel, nella sua teoria del muro
asciutto (che tratterò in prossimi
articoli), pone come limite il valore di Sd=2m, mentre la normativa europea, di
recente pubblicazione (v. Color magazine n.12, pag 60) classifica ad alta
traspirabilità una pittura che ha
Sd<0,14, applicata allo spessore consigliato dal produttore, ed a media
traspirabilità una pittura che ha Sd compreso tra 0,14 e 1,4.
Per rispondere alla domanda posta
all’inizio si può ragionevolmente dire
che:
un rivestimento (o pittura) può
considerarsi traspirante se, applicato allo spessore consigliato dal
produttore, ha un valore di Sd<1,4m.
Per fare alcuni esempi, un
rivestimento plastico a spessore, tipo spatolato, applicato allo spessore di
2mm è traspirante se ha m<700, e una pittura lavabile applicata a 100 µ di
spessore è traspirante se ha m<1400. Normalmente un rivestimento di tipo spatolato,
usato nel nostro mercato, ha un m di circa 300-400, mentre una pittura lavabile, con il
40% di resina non supera i 5000 di m .
Tuttavia una pittura di queste
caratteristiche non permette al muro di respirare se applicata su uno strato
avente un Sd più alto, quindi si può dire che:
Affinché il vapore possa uscire è
determinante che si abbiano valori di Sd dei vari strati sempre più bassi nella
direzione in cui il vapore deve uscire.
Per completare la disamina dei
parametri che influiscono sulla traspirabilità, rimane da dire che, per pitture
formulate con PVC leggermente più basso del CPVC, l’errore nella determinazione
del m
è molto alto, mentre per pitture con PVC>CPVC la
determinazione è priva di significato.
Per PVC>CPVC, infatti, non
esiste film continuo e qui si hanno molti micropori, mentre nel caso precedente
(PVC leggermente inferiore a CPVC) si ha sì un film continuo, ma poco omogeneo
e quindi c’è la probabilità che si formino micropori.
Non avendo chiari questi concetti
è evidente che il concetto di traspirabilità sia stato distorto dal nostro
mercato, con richieste, da parte dei committenti, prive di significato tecnico.
Una richiesta tipo, che viene
fatta spesso ai produttori di prodotti
vernicianti, è quella di una pittura avente, ad esempio , m<20
perché lo strato sottostante da m=20. Come già detto sopra, chi determina il flusso di
vapore è il valore di Sd, quindi si può
applicare comunque una pittura con m più elevato
ad uno spessore più basso, in modo da avere un valore di Sd
inferiore a quello dello strato sottostante. Inoltre ho già detto che per
PVC>CPVC la misura è priva di significato e non c’è dubbio che una pittura
con m
così bassi abbia un PCV<CPVC. Tale richiesta non ha quindi nessun
significato logico, come non ha significato riportare su alcune schede tecniche
valori tipo m=7,3
, m=10,2.
Altra richiesta tipo è quella di una pittura minerale
esente da resine sintetiche, poiché si ritiene che la presenza di queste
impedisca la traspirabilità: abbiamo visto che, anche con tenori di resina
molto più elevati, la pittura è in grado di lasciar respirare il muro.
L’affermazione che una pittura si
distacchi dal supporto sotto la spinta del vapore, in quanto avente un valore
di m
troppo elevato, non è in assoluto veritiera: le ragioni del distacco sono da
attribuirsi ad una errata esecuzione e/o progettazione, alla scarsa aderenza
della pittura stessa dovuta a più fattori concomitanti, quali ad esempio il
forte assorbimento d’acqua da parte della pittura.
Un’ultima convinzione assai diffusa è che la presenza di muffe
all’interno di civili abitazioni sia
dovuta alla bassa traspirabilità delle
pitture sia esterne che interne. Anche questa convinzione è errata, poiché
normalmente le cause vere della presenza
di muffe all’interno di edifici sono da
ricercarsi, in una cattiva progettazione e soprattutto in una cattiva gestione
dei locali. Infatti è impensabile che il vapore acqueo generato dalla presenza
umana possa essere smaltito attraverso i
muri. In Italia si usa pitturare i locali dove si genera più vapore, tipo bagni
o cucine, con tempere o vengono usate pitture molto ricche di resina, quindi
con bassa permeabilità al vapore ed altrettanto basso assorbimento d’acqua, in
modo che il vapore che si condensa sulle pareti non venga assorbito dalla
pittura, ma smaltito mediante opportuni ricambi
d’aria.